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Joan Scott ha definito il genere un "modo primario per esprimere rapporti di potere"; una categoria dalla "potenzialità epistemologica" in grado di aprire a nuovi livelli interpretativi i saperi e i loro campi di azione analizzati, fino a qualche anno fa, secondo una logica univoca. Il volume utilizza proprio la categoria di "genere" per riflettere sulla relazione tra donne e scienza e su come questa relazione si inserisca in un discorso più ampio e che ha visto connotare la scienza moderna come pratica maschile, fondata sulla sottomissione della natura e della donna. Ed è in particolare sulla donna che ci si sofferma e sugli eccessi di una scienza che, appellandosi all'autodeterminazione e alla libertà di scelta, strumentalizza il corpo femminile, sia per riaffermare modelli estetici stereotipati, sia per controllarne il potere generativo. Dall'educazione parte la proposta di una ricerca di genere che non vuole dire "al femminile" ma è volta a orientare le donne al mondo della scienza per diventare "massa critica" e mettere in discussione il modello di essere umano cui ha fatto e fa ancora oggi riferimento l'indagine scientifica. Ciò potrebbe forse aprire nuovi spiragli affinché chi fa ricerca prenda consapevolezza delle possibilità ma anche dei limiti di una scienza che, seppure evidentemente segnata da forti contraddizioni, appare ogni giorno sempre più seduttiva.